Sì al cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio in simultaneus processus: un’occasione di “risparmio di energie processuali”

Con la recentissima sentenza n. 28727 del 16 ottobre 2023 – emessa a seguito di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Treviso – la Cassazione si è pronunciata esprimendo il seguente principio di diritto: “in tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 473 bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio” (Cfr. Cass., Sez. I civ., sent. n. 28727 del 16 ottobre 2023).

L’intervento della Cassazione deriva da un caso giunto innanzi al Tribunale Civile di Treviso in cui una coppia chiedeva pronunciarsi la separazione consensuale ed il divorzio congiunto. Il Tribunale rimetteva dunque agli Ermellini il dilemma – nostro corsivo – circa l’ammissibilità del cumulo delle domande di separazione consensuale e di divorzio congiunto di cui all’art. 473 bis.51 c.p.c.. E’ da ammettere che nell’ordinanza di rinvio il Tribunale di Treviso ha argomentato in modo tale da ingenerare nell’operatore del diritto quantomeno un dubbio circa l’ammissibilità del cumulo anche nei procedimenti a domanda congiunta. Ossia: “la disciplina relativa al cumulo di domande di separazione e scioglimento – o cessazione degli effetti civili – del matrimonio è stata tenuta dal legislatore distinta dalla disciplina prevista in tema di procedimenti su domanda congiunta, regolati all’art. 473 bis.51 cod. proc. civ. A tale osservazione si aggiunge l’assenza di richiami espressi nell’art. 473 bis.51 cod. proc. civ. all’art. 473 bis.49 cod. proc. civ., con la conseguente operatività del criterio ermeneutico secondo cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” (Cfr. Trib. Treviso, ordinanza 31 maggio 2023, r.g. n. 2915/2023).

Quanto poc’anzi esposto potrebbe logicamente condurre ad escludere il cumulo delle domande nei procedimenti a domanda congiunta: in tal senso si era espresso il Tribunale di Firenze motivando che l’ammissione del cumulo avrebbe condotto – in difetto di previsione normativa esplicita in tal senso e di una puntuale indicazione da parte della legge delega – alla deroga al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale (Cfr. Trib. Firenze, Sez. I civ., sent. n. 4458 del 15.05.2023).

La Suprema Corte ha però respinto un siffatto orientamento accogliendo il cumulo anche nell’ipotesi non espressamente prevista dei procedimenti su domanda congiunta ex art. 473 bis.49 c.p.c., scongiurando qualsiasi “pericolo di deroga” al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale. Difatti, tra le motivazioni addotte nelle ben 27 pagine di sentenza, gli Ermellini precisano: i coniugi che propongono due domande congiunte di separazione e divorzio cumulate in simultaneus processus, non concludono in sede di separazione un accordo sugli effetti del loro eventuale futuro divorzio, tale da condizionare la volontà di un coniuge o da comprimere i suoi diritti indisponibili”. Proseguono sottolineando che – in caso di divorzio a domanda congiunta – l’accordo “riveste natura meramente ricognitiva e non negoziale, con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale, essendo soggetto alla verifica del tribunale che, in materia, ha pieni poteri decisionali e non configura un’ipotesi in senso stretto di “divorzio consensuale”, analogo alla separazione consensuale (ove la pronuncia del tribunale è unicamente rivolta ad attribuire efficacia dall’esterno all’accordo tra i coniugi, qualificabile come un negozio giuridico di natura familiare), poiché il giudice non è condizionato al consenso dei coniugi, ma deve verificare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia, di natura costitutiva, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, mentre ha valore negoziale per quanto concerne i figli e i rapporti economici, consentendo al tribunale di intervenire su tali accordi soltanto nel caso in cui essi risultino, quanto ai rapporti patrimoniali, contrari a norme inderogabili (secondo orientamento giurisprudenziale) e/o (alla luce del dettato normativo) all’interesse dei figli”.

Dunque, estendendo la possibilità di cumulo anche alle domande di separazione e divorzio “congiunte”, non si compromettono – a parere degli Ermellini – i succitati diritti indisponibili in quanto, in caso di procedimento di separazione o divorzio a domanda congiunta, l’accordo dei coniugi sull’intero assetto delle condizioni – che regolamenteranno la loro crisi attuale, nonché la vita futura – è sempre sottoposto al vaglio del Tribunale.

In conclusione, a parere di chi scrive, non può che accogliersi il principio di diritto espresso dalla Cassazione in merito alla possibilità di cumulo delle domande – di separazione e divorzio –  anche in sede congiunta: il tutto all’insegna dell’agognato “risparmio di energie processuali”. Forse, si azzarda, l’errore è stato commesso dal legislatore nel non prevedere espressamente il cumulo delle domande nella fattispecie di cui all’art. 473 bis. 1 c.p.c. – al pari dell’art. 473 bis.49 c.p.c.. Un siffatto intervento avrebbe eliminato – ab origine – qualsiasi dubbio applicativo.

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